Spread: perché l’Italia paga così tanti interessi sul debito?

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Articolo di: Giuseppe Turco, studente in Economia Aziendale, Università Federico II.

Spesso si sente parlare di spread quasi come se fosse un indice assoluto che ogni giorno, per un motivo astratto, cambia valore; a volte diminuisce, ma spesso, a causa di una qualsiasi dichiarazione o informazione ritenuta poco idonea dai mercati, questo aumenta. “Spread” è un termine utilizzato in ambito finanziario ed economico, ed indica la differenza di rendimento tra due titoli dello stesso tipo e durata di cui uno è considerato come titolo di riferimento. Lo spread, nel nostro caso, non rappresenta altro che la differenza tra il costo dell’indebitamento italiano rispetto a quello tedesco, che è ritenuto il meno rischioso (Risk-free) utilizzato come benchmark.

L’Italia, come qualsiasi altro paese, ha bisogno di recepire capitali per attuare le proprie manovre economiche. Tali capitali, oltre ad essere recepiti dalle tasse, imposte e tributi, vengono raccolti anche dal mercato obbligazionario. L’Italia, o meglio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, periodicamente emette dei titoli di stato, che sono composti da BTP, BOT, CCT, e CTZ, ma per il momento soffermiamoci sui primi e sui secondi: i BTP, nonché buoni del tesoro pluriennali, e i BOT, buoni ordinari del tesoro. I primi hanno validità pluriennale fino ad un massimo di 10 anni, mentre i secondi hanno validità da uno a 12 mesi. Generalmente chi acquista i BTP riceve in compenso dei tassi di interesse più alti, in quanto si priva di capitale per più tempo, a differenza di chi invece acquista BOT, i quali, ad oggi, vengono utilizzati da grandi imprese o da ricchi privati per proteggere i propri capitali dall’inflazione e quindi dalla perdita del potere d’acquisto. Ad ogni modo quindi l’Italia ha bisogno  di mettere sul mercato delle obbligazioni per approvvigionarsi di capitale, ma quanto costa questo alle finanze pubbliche? Il prezzo da pagare è offrire a chi acquista queste obbligazioni un tasso di interesse che può essere più o meno elevato (in Italia è più elevato rispetto ad altri paesi simili, ma a questo ci arriveremo dopo).

Le agenzie di rating e il merito creditizio

I mercati tengono conto di tutta una serie di fattori e di variabili che condizionano il merito creditizio, e dunque sono in grado di generare dei giudizi riguardo la credibilità di ciascun paese; a tal riguardo è importante un richiamo alle agenzie di rating. Le agenzie di rating hanno il compito di esprimere delle valutazioni riguardo la solvibilità e la solidità di un debitore o di chiunque necessiti di capitali ed emetta titoli sul mercato finanziario, cercando di ovviare ad una parte delle asimmetrie informative. Tra le più importanti agenzie di rating ricordiamo: Standars & Poor’s, Moody’s Investor Service, e Fitch Rating. I giudizi vengono dati sulla base delle politiche economiche, della solidità di ciascun Paese, quindi in base a fattori più o meno rilevanti, rappresenta l’affidabilità del soggetto in questione, e viene espresso in lettere: tanto più il giudizio sarà basso, tanto più gli investitori richiederanno un tasso di interesse elevato, data la rischiosità del capitale investito, e ciò risulterà essere un ulteriore costo per il debitore. Capiamo quindi bene che il discorso dello spread è un discorso che, nonostante sembri slegato dal mondo attuale, ha uno stretto collegamento in realtà con i consumi di un paese e con le manovre economiche messe in atto dallo Stato.

Lo spread nell’ultimo anno

Spread BTP-Bund 10 anni
Fonte: Il Sole 24 Ore

Com’è possibile notare dal grafico sopra, nell’arco degli ultimi 12 mesi l’Italia si è trovata diverse volte ad affrontare problematiche riguardanti un aumento “improvviso” dello spread. Tornando indietro nel tempo, precisamente ad agosto 2019, fu il crollo del governo guidato da Lega e M5S a far aumentare notevolmente lo scetticismo dei mercati, con un aumento dello spread. Con la formazione dell’attuale governo, tuttavia, lo spread sembrava essersi notevolmente placato, con valori che per diversi mesi sono risultati inferiori ai 150 punti; tutto ciò fino al momento dello scoppio definitivo della pandemia causata dal Covid-19. Infatti, da marzo a maggio 2020 lo spread ha raggiunto valori altissimi, questa volta superando anche il tetto dei 250 punti. Le cause, oltre al lookdown che ha causato uno stop nei consumi e nella produzione, sono da ritrovarsi nella poca fiducia che i mercati hanno su un Paese già precedentemente poco stabile come l’Italia. La stessa BCE ha successivamente cercato di porre un freno all’aumentare degli spread tra i vari paesi, tramite politiche monetarie espansive che i mercati sembrano aver accolto positivamente (Aumento QE, PEPP): non resta che aspettare, con la speranza che, tramite scelte responsabili del governo, il costo del denaro per l’Italia possa via via diminuire.

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