Le infrastrutture: così l’Italia può ripartire

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Articolo di Salvatore Ragusa, laureando in Economia Aziendale, UNIKORE.

Occorre adottare misure urgenti e focalizzate a contrastare lo shock pandemico, in modo da trasformare una potenziale recessione economica in una grande occasione di rilancio.
Le infrastrutture giocano un ruolo decisivo per programmare la ripartenza del nostro Paese, sono essenziali per l’ammodernamento del sistema produttivo e per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Grandi investimenti pubblici orientati al futuro e al sostegno delle imprese di export permetteranno di continuare ad essere competitivi sui mercati internazionali. Secondo il rapporto della BEI, fino al 2008 l’Italia investiva in media il 3,4% del Pil in infrastrutture, investimenti che raggiungevano i 29 miliardi e che nel 2017 ammontavano solamente a 16 miliardi con una graduale riduzione fino ai giorni d’oggi. Per rendere più competitiva l’Italia,
occorre raddoppiare, fin da subito, gli investimenti in infrastrutture in modo da adeguarli alla media dell’UE.


L’Italia è la seconda per manifattura in Europa pur non avendo alti livelli di produttività ed essendo anche sfavorita nella grande competizione globale, poiché, il tessuto industriale italiano è caratterizzato, perlopiù, da aziende di piccole o medio-piccole dimensioni. Il Made in Italy, si sa, è
ricercato in tutto il mondo e l’altissima qualità dei prodotti e del capitale umano è praticamente insostituibile. Buona parte del Pil Italiano dipende anche dalle esportazioni e se le aziende che hanno sbocco sui mercati esteri non vengono aiutate, l’Italia potrebbe perdere in competitività a
livello internazionale.

Il problema principale negli ultimi anni è stato quello legato ai mancati investimenti. Disinvestire nell’ultimo decennio nelle infrastrutture è costato ogni anno al Paese almeno un punto di Pil.
L’Italia per investimenti sulle infrastrutture è terzultima in Europa. Solo Irlanda e Portogallo fanno peggio. La media europea è del 2,7%, in alcuni Paesi nordici e baltici e sorprendentemente anche in Grecia invece si supera il 4%. Al primo posto c’è l’Estonia con il 5,6% degli investimenti
concentrati in prevalenza nelle infrastrutture digitali (1). In un mondo sempre più globalizzato e connesso, quindi, l’Italia rischia di rimanere indietro in assenza di un piano di investimenti in infrastrutture materiali e digitali. In Italia è necessario oggi predisporre un piano infrastrutturale ponendo l’attenzione al Sud rispettando i principi fondamentali di organizzazione, coordinamento e partecipazione nell’ottica di uno sviluppo sostenibile. Si dovrà trovare il giusto equilibrio tra risorse da destinare a chi è in difficoltà e investimenti per la ripartenza. Tali risorse, mediante l’impiego di fondi pubblici, dovranno essere utilizzate per far qualcosa di buono per le future generazioni, in modo da non scaricare sulle loro spalle il costo del debito, ma lasciando loro un’Italia più moderna ed efficiente.


Una buona base infrastrutturale sia a livello italiano che europeo porterebbe notevoli vantaggi sia a livello economico sia a livello sociale, migliorando la qualità della vita della popolazione. Concentrando i programmi di investimento nelle “infrastrutture carenti italiane” come: strade, autostrade, reti ferroviarie e focalizzandosi, guardando anche al futuro, sull’energia green e sull’ecosostenibilità, l’Italia potrebbe così sfruttare tale occasione per un suo rilancio e allocare in modo efficiente le risorse stanziate dall’unione tramite il PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) con una dotazione finanziaria complessiva di 750 miliardi di euro di cui l’Italia ne avrebbe diritto al 17% circa (essendo uno dei paesi più colpiti dalla pandemia)2.

Infine, uno dei tanti problemi italiani è quello che riguarda la burocrazia, l’eccesso di norme, procedure e cavilli rallenta e di molto le disposizioni del governo, rallentando così anche i programmi di investimento in opere pubbliche ed infrastrutture. Le aziende italiane sono abituate a convivere con una situazione legislativa che non è mai completamente certa. Emerge, sempre più, l’evidenza di semplificare e razionalizzare la macchina burocratica.


1 Fonte: Commissione Europea, https://ec.europa.eu.
2 Fonte: Banca Centrale Europea, https://www.ecb.europa.eu/ecb/html/index.it.

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