Investire o non investire? Titoli di stato vs ETF

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-Articolo di Mishael Castellanos, studente di economia

Gli italiani hanno recentemente scoperto un’attività più rischiosa dell’investire i propri soldi: risparmiarli.

Stimato popolo di risparmiatori, correva l’anno 1995 quando l’Ocse metteva in testa alla classifica per tasso di risparmio gli italiani: ben il 16% del reddito annuale disponibile veniva infatti accantonato.

La situazione inizia a cambiare, come è facile  immaginare, dopo la crisi del 2008-2009 per finire con la polverizzazione quasi totale del tasso di risparmio che (al 2018) risulta essere del 2,5%.

Complici di tale declino sono stati sicuramente la crisi del debito sovrano nel 2011 e quella occupazionale che attanaglia il nostro paese da più di un decennio ormai; gioca tuttavia un ruolo cruciale in tutto questo anche l’analfabetizzazione finanziaria del popolo italiano.

Ma andiamo per gradi.

Tutti vogliono accrescere la propria ricchezza, pochi, pochissimi, sono disposti a sostenere dei rischi e il risultato è immediato: portafogli pieni di prodotti finanziari ritenuti “sicuri”.

Parliamo quindi di investimenti percepiti come risparmio a lungo termine, non finalizzati all’arricchimento dell’investitore – senza contare chi i soldi li tiene direttamente sul proprio conto corrente o “sotto il cuscino”, incurante degli effetti dell’inflazione.

E’ importante ricordare che qualsiasi cosa che in finanza abbia accanto a sé la parola “sicuro” o ha un rendimento basso, o è una truffa.

Per fortuna, se così si può dire, per quanto riguarda i  titoli di Stato – posseduti nel 2014 dagli italiani per il 12,2% del totale in circolazione –  si tratta del primo caso.

In soli cinque anni, tuttavia,  la percentuale di titoli di Stato posseduti dagli italiani si è più che dimezzata, tanto per l’instabilità politica quanto per la mancanza di liquidità.

E qui viene il bello.

Immaginiamo di tornare per un attimo proprio al 2014 (giusto per rimanere in tema, l’esempio è puramente a titolo dimostrativo).

Fermi, mentre aspettiamo dentro la sala d’attesa della nostra banca di richiedere i nostri Titoli di Stato, un pensiero ci stravolge la mente: “What if..”.

Ci ricordiamo di aver sentito parlare di alcuni strumenti finanziari che:

  • replicano il benchmark, senza l’obiettivo di superarlo,
  • costano poco 
  • sono ben diversificati

Scegliamo quindi di investire in ETF (Exchange Trade Found), i risultati sono più che evidenti:

Elaborazione personale

Nello stesso lasso di tempo il rendimento è praticamente 5 volte quello ottenuto dai BTP, ma il livello di rischio?

Provare per credere: da quando esistono, gli ETF che replicano il mercato americano non hanno mai avuto rendimenti negativi per investimenti della durata di 12-15 anni.

Non crediate che la scelta dell’ETF adatto a voi sia così difficile, ne parleremo nei prossimi articoli.

Tornando al nostro 2014, mentre in Europa la crisi continuava a devastare l’economia reale, negli USA la ripresa era già avviata da un pezzo e le compagnie tech guidavano già i mercati: scegliere un fondo che replicasse l’andamento del NASDAQ (indice americano del settore tecnologico) sembra così irraggiungibile? Ci sarebbe stata comunque una così importante carenza di liquidità?

Investire non è un gioco, andrebbe sempre fatto con il supporto di una persona competente in materia che mira ai nostri interessi, con una strategia ben definita e una corretta gestione del rischio ma, come abbiamo visto, può portare vantaggi notevoli rispetto al mero risparmio.

@redazione

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