Indice di Gini, il coefficiente citato dal premier Draghi nel suo discorso al Senato

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Articolo di Matteo Particelli, studente magistrale di “Strategia, Management e Controllo” all’UniPi

In assenza di interventi pubblici il coefficiente di Gini, una misura della diseguaglianza nella distribuzione del reddito, sarebbe aumentato, nel primo semestre del 2020 (secondo una recente stima), di 4 punti percentuali, rispetto al 34,8 per cento del 2019”.
E’ con queste parole che il neo Presidente del Consiglio Mario Draghi si è rivolto in Parlamento parlando di disuguaglianze sociali, portando l’hashtag #Gini in tendenza su Twitter.

Partiamo dalla definizione

Il coefficiente o indice di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini nel 1912, misura il grado di diseguaglianza di una distribuzione, usato nell’economia per stimare le divergenze dei redditi e della ricchezza privata nei vari Paesi del mondo.
Questo indice assume valori che sono compresi tra 0 ed 1: valori estremamente bassi indicano una distribuzione omogenea della ricchezza (con il valore 0 che indica un’equa distribuzione), valori estremamente alti mostrano una distribuzione iniqua (con il valore 1 che indica la situazione in cui un’unica persona possiede tutta la ricchezza, mentre gli altri hanno un reddito nullo).


Risultato immagini per curva di lorenz e indice di gini
Fonte: Wikipedia

In termini matematici, come si evince dal grafico suesposto, viene illustrato tramite la curva di Lorenz: il coefficiente di Gini è definito, infatti, come il rapporto fra l’area compresa tra la linea di perfetta uguaglianza e la curva di Lorenz, e l’area totale sotto la linea di perfetta uguaglianza.
Nella realtà, il coefficiente di Gini varia tra i due estremi teorici, ed è prezioso per verificare come la distribuzione del reddito e della ricchezza cambi nel tempo in un dato Paese, così come sta succedendo in Italia secondo le ultime stime, rendendo così possibile osservare se le disuguaglianze
stiano aumentando o si stiano riducendo.


Un confronto con i Paesi europei
Il neo Premier, nel suo primo discorso al Senato, ha denunciato l’aumento delle disuguaglianze nel nostro Paese citando la crescita del coefficiente di Gini. Gli ultimi dati Eurostat disponibili risalgono al 2019, e vedevano l’Italia con un coefficiente di 32,8%, sopra la media europea del 30,7%.
Solamente cinque paesi dell’Unione Europea (se non includiamo il Regno Unito) fanno peggio dell’Italia: Bulgaria (40,8), Lettonia (35,2), Lituania (35,4), Romania (34,8) e Spagna (33). L’Italia è il secondo Paese con la più alta disuguaglianza nell’Europa Occidentale, dopo la Spagna.
L’andamento di questo coefficiente mostra un trend pressochè statico in Italia nell’ultimo decennio, un andamento, però, ad un livello estremamente elevato, se raffrontato alla media dei Paesi europei.
I Paesi dell’Est, però, hanno vissuto negli ultimi anni una importante crescita economica, che in termini di redistribuzione del reddito ha avvantaggiato le fasce di popolazione che lavorano in settori strategici, coloro che vivono nella capitale, lasciando indietro pensionati o popolazioni rurali.
L’Italia non può avere la scusante della crescita economica, piuttosto il problema va ricercato nel crescente divario tra Nord e Sud, aumentato dopo le due crisi, e quello tra le città metropolitane come Milano e Roma e le piccole province.

Le preoccupazioni di Mario Draghi
I dati che sono stati citati dal neo Premier nel discorso al Senato destano non poche preoccupazioni: la disuguaglianza, misurata dal coefficiente di Gini, è salita dal 34,8% nel 2019 a 36,5% nel primo trimestre del 2020 fino al 41,1% nel secondo trimestre del 2020.
Con tutta probabilità questo aumento è dovuto alla pandemia in corso, ed alla conseguente crisi economico-finanziaria che ne sta derivando: Draghi, nel suo discorso, ha fatto l’esempio di molti “nuovi poveri” che si sono riversati alle Caritas per ricevere un sostegno alimentare.
Secondo le stime della Banca d’Italia, nei primi due trimestri del 2020 il coefficiente di Gini sarebbe aumentato di 4 punti percentuali, rispetto al 2019. Tuttavia, se il governo italiano non avesse prontamente provveduto a sostenere milioni di famiglie tramite reti di “protezione sociale”, la situazione sarebbe stata ben più grave rispetto a come lo è oggi.

In conclusione
Sarà duro il compito che si troverà di fronte il nuovo governo, saranno necessarie politiche, riforme ed investimenti pubblici mirati per far tornare il paese a livelli di crescita sostenibili. Sarà fondamentale sfruttare l’occasione unica del Next Generation EU, che prevede un pacchetto di 209 miliardi destinate a riforme strutturali nell’arco di tempo 2021-2027, interventi necessari per lasciare ai nostri figli la speranza di un nuovo rinascimento.

Fonti:
1) https://www.istat.it

2) https://ec.europa.eu/eurostat

3) https://www.ilsole24ore.com

4) https://www.bancaditalia.it

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