Il ritorno dello Stato, uno sguardo al Festival dell’economia di Trento

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Articolo scritto da Marika Fasola, studentessa, M.Sc in economics presso Università Cattolica del Sacro Cuore

Anche quest’anno Trento si tinge di arancione per ospitare il Festival dell’economia.

Si tratta di un evento unico nel suo genere che, da sedici anni, accoglie premi Nobel, illustri economisti, accademici e politici. Il festival nasce con l’idea di creare un ponte tra economisti e grande pubblico, proponendo incontri e conferenze aperte a tutti.

Ad ogni edizione corrisponde un tema, quest’anno la scelta è ricaduta sul ritorno dello stato, chiaramente non si tratta di una casualità: gli ultimi anni sono stati caratterizzati da una rivalutazione dell’intervento dello statale nell’economia, questo trend ha raggiunto il suo picco con la crisi da COVID-19.

Nel seguente articolo verrà approfondito il dibattito sul ruolo dello stato nell’economia, esponendo alcune delle posizioni e delle idee dei diversi ospiti, cercando, per quanto possibile, di offrire un quadro completo sul panorama attuale.

CONTESTO STORICO

Dalla metà del 1800 in poi, il ruolo dello stato è andato via via rafforzandosi e la spesa pubblica non ha mai smesso di crescere.

Fonte: European Bank, Transition report 2020-2021“ the state strikes back”

È proprio verso la fine del 1800 che nasce il concetto di welfare state. L’idea era quella di alleviare gli effetti negativi generati dal laissez-faire, introducendo una più ampia distribuzione del reddito e favorendo un maggior intervento statale, che inizia a comprendere anche la produzione e la distribuzione di beni e servizi considerati privati, ad esempio nell’ambito della salute e dell’istruzione.

Verso la fine del ‘900, si avverte un cambio radicale di rotta: inizia l’era del neoclassicismo. È l’epoca della Thatcher, Reagan e Friedman, e con loro, dell’allontanamento del sostegno politico da programmi di welfare. Si torna a pensare al mercato come efficiente e in grado di regolarsi senza l’intervento dello stato, il cui ruolo si ritiene debba essere minimo.

Dal 2000, eventi quali attacchi terroristici, collasso di grosse imprese, la crisi finanziaria e, ovviamente, la crisi pandemica, hanno fatto ripensare all’assetto economico: l’opinione pubblica ha rivalutando il ruolo dello stato, che è necessariamente dovuto intervenire a sostegno dell’economia e della società.

Il mito del mercato che si regola autonomamente è crollato e sono emerse le sue inefficienze.

La pandemia potrebbe aver definitivamente ridefinito il perimento dell’intervento statale, ci si chiede se, superato il periodo di crisi, lo stato sarà disposto e capace di abbandonare la sua forte influenza ma, soprattutto, se e come sarà possibile una collaborazione tra stato e mercato piuttosto che una competizione.

IL PERIMETRO DELL’AZIONE STATALE

Il dibattito sul ruolo dello stato nasce dalla consapevolezza che sia il settore pubblico che quello privato abbiano dei punti di forza ma anche delle debolezze.

Il Professor J. Stiglitz sostiene che la presenza di fallimenti di mercato fornisca una base importante su cui costruire un quadro che possa aiutare gli economisti a tracciare i confini economici dello Stato moderno.

Bisogna ricordare che anche l’intervento dello Stato, però, porta con sé delle inefficienze spesso causate dall’eccesso di burocrazia, dall’imposizione del one best way, delle difficoltà nel definire i centri di responsabilità e, chiaramente, dall’influenza politica.

Non si discute sul fatto che lo stato debba avere un ruolo dato che è l’unico con il potere di creare l’infrastruttura istituzionale necessaria per il funzionamento del mercato, piuttosto non è chiaro quali altri poteri e doveri debbano essere in capo ai governi.

Come ricordato durante il forum “La mano pubblica e l’uscita dalla crisi” (ospiti: Andrea Montanino, Achille Spinelli, Roberto H. Tentori, Luisa Torchia, Fabiano Schivardi, Paola Pica), lo stato può decidere di agire in diversi modi: lasciando ai privati la totale fornitura di beni e servizi, agendo direttamente come imprenditore, oppure a sostegno delle imprese, o ancora, come promotore dell’iniziativa privata verso la creazione di esternalità positive. Non è possibile stabilire univocamente quale sia il miglior modo di agire, il tipo di intervento pubblico si dovrebbe delineare in base alle necessità della società.

Il periodo che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo ha portato e porterà dei grossi cambiamenti. Un’opinione condivisa è quella esposta da Roberto Tentori: in momenti di crisi è fondamentale l’ingresso dello stato che, però, deve munirsi di manager capaci, e in grado di gestire i tempi e i modi di ritirarsi, almeno in parte, quando non sarà più necessario un intervento così deciso.

Anche il Professor T. Boeri, nella presentazione dell’evento, sottolinea come “quando finalmente usciremo dall’emergenza ci ritroveremo con uno Stato ipertrofico che ha invaso campi in passato riservati esclusivamente all’iniziativa privata.” Possiamo intuire che sarà quello in momento nel quale andrà effettivamente ridefinito il raggio d’azione statale.

Seppur analizzata da un punto di vista diverso, questa opinione è condivisa anche dal Professor D. Acemoglu, economista e accademico di fama internazionale. Egli richiama l’attenzione verso la necessità di trovare un bilanciamento del potere tra stato e società. Con l’avvento della pandemia i governi di tutto il mondo hanno, necessariamente, ridotto la libertà degli individui, sarà quindi essenziale ristabilire un equilibrio, creando un clima di cooperazione e collaborazione tra stato e cittadini.

La storia ci insegna come non sia semplice muoversi da un assetto ad un altro: in Italia il passaggio da un mercato a forte partecipazione statale ad uno più incentrato sull’iniziativa privata è stato lungo e sofferto.

Data la peculiarità della condizione attuale, la Professoressa L. Torchia, suggerisce l’utilizzo della sunset law, si tratta di una legge che stabilisce degli obiettivi o dei programmi che il governo ha intenzione di raggiungere, una volta portati a termine, questo deve ritirarsi, a meno che la legislatura non rinnovi la legge. Data la difficoltà dello stato nel ridurre la propria azione, questa è una proposta che, se pur molto meccanica, potrebbe semplificare il processo o, per lo meno, favorire uno spunto di riflessione.

LA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Abbiamo evidenziato come una delle principali sfide sarà quella di definire il perimetro dell’intervento statale, unitamente, però, è necessario che venga reso più efficiente.

Negli anni abbiamo potuto constatare come il settore pubblico possa fallire e come, specialmente in Italia, ci siano dei grossi limiti nel suo operato, alcuni dei quali sono stati enfatizzati dall’attuale crisi. La necessità di riforme è stata riconosciuta dall’Unione Europea che ha stanziato, attraverso il Next Generation UE, dei fondi volti a migliorare le condizioni ordinamentali di contesto. In Italia, il PNRR prevede una riforma della pubblica amministrazione e il Ministro Brunetta ha avuto modo di trattare l’argomento durante il festival. Alla base di questa riforma c’è l’idea di rendere la PA più efficiente, per farlo è necessario prendere spunto, per quanto possibile, dal privato, introducendo alcune forme di competizione, snellendo e modificando alcune procedure specialmente riguardanti il personale, i concorsi e le assunzioni.

Nonostante non sia il primo tentativo di riforma della pubblica amministrazione, il Ministro sottolinea come il sostegno dell’UE possa fare la differenza al fine di garantire un vero cambiamento e miglioramento.

LO STATO COME RISK TAKER

Durante l’intervento della professoressa B.S. Javorcik, è stata evidenziata la ragione per la quale, durante periodi di instabilità e crisi, l’intervento statale sia cruciale. Ha portato come evidenza la crescita delle dimensioni delle banche pubbliche dopo la crisi finanziaria; mentre queste ultime si sono ampliate, quelle private sono rimaste immutate.

Questa differenza è spiegata dalla possibilità del settore pubblico di assumersi un rischio maggiore, così da permettere l’allocazione di prestiti anche durante periodi difficili. L’unico problema delle banche statali, ricorda la professoressa, è il rischio è che favoriscano prestiti a supporto di soggetti solo per un tornaconto politico.

Ci sono situazioni nelle quali la posizione di vantaggio del settore pubblico risulta fondamentale, l’esempio più lampante è quello della ricerca e produzione di vaccini.

Rino Rappuoli, noto microbiologo specializzato nella produzione di vaccini, spiega come gli investimenti effettuati siano stati talmente ampi da poter permettere la creazione di un vaccino in tempi record. In periodi normali, il sostegno alla ricerca è per lo più privato, è quindi necessario che la produzione venga organizzata in fasi sequenziali, permettendo agli investitori di valutare il progetto; in quanto avversi al rischio, è razionale che richiedano delle garanzie prima di procedere. I governi, invece, possono assumersi un rischio molto più ampio, specialmente in casi di emergenza, per questo è stato possibile organizzare le fasi di produzione simultaneamente, accorciando notevolmente in tempi.

Un altro fattore che ha facilitato la creazione di un vaccino è costituito dai research spillovers, durante la pandemia, infatti, ogni traguardo nella ricerca di vaccini è stato reso pubblico, prima le aziende erano riluttanti nel condividere i loro progressi.

Citando l’ex presidente Jefferson “knowledge is like the flame of a candle: other candles can be lit without decreasing the flame of the candle used to transmit the fire”, il professor J. Stiglitz sottolinea come la trasmissione di informazioni sia positiva per chiunque e non vada a ledere gli ideatori. Purtroppo, le attività volte al profitto sono tendenzialmente avverse alla diffusione di informazioni e, per questo, lo stato dovrebbe agire per favorire la circolazione di conoscenza.

La capacità dello stato di assumersi grossi rischi, il suo disinteresse verso il profitto e il forte potere da esso detenuto sono ingredienti fondamentali anche per i cambiamenti che stiamo affrontando. L’intervento dei governi è cruciale per sostenere e guidare le società durante la transizione digitale e quella green, queste porteranno dei grossi cambiamenti, modificando le dinamiche di produzione e il mercato del lavoro. In questa delicata transizione, lo stato deve agire come rete di sicurezza.

Il mercato, seppur costituisca il motore per la creazione e l’innovazione, non si preoccupa della giustizia sociale e del supporto ai cittadini, fattori cruciali per evitare attriti e difficoltà che potrebbero nascere dallo scomparire di alcuni settori o di alcune figure lavorative. Inoltre, la natura della nostra economia dipende dalla forma della nostra società, l’appoggio dei cittadini è fondamentale per realizzare un vero cambiamento.

In conclusione, durante il festival è stato enfatizzato come lo stato sia necessario al sostegno del mercato, specialmente in un periodo storico come quello che stiamo vivendo.

Non è ancora possibile definire univocamente quale debba essere il perimetro dell’intervento statale ma è necessario valutare caso per caso, situazione per situazione. Quello che è certo è la necessità di costruite una collaborazione e cooperazione tra stato e mercato volta al miglioramento della nostra società.

FONTI

European Bank, Transition report 2020-2021“ the state strikes back”

www.festivaleconomia.it

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