Fuga di cervelli? No, fuga di PIL

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Articolo scritto da: Giacomo Gravino, dottore magistrale in Economia e Commercio, Università degli studi di Bari “Aldo Moro”

Quante volte abbiamo sentito parlare di “fuga di cervelli”?
Questo fenomeno riguarda la fascia di popolazione italiana più giovane, mediamente 30 anni, che al termine del percorso di studi lascia il nostro paese per ricercare opportunità lavorative, e non solo, più soddisfacenti.
I fenomeni migratori italiani sono sempre stati correlati ai cicli economici del nostro paese, purtroppo quelli in esame non riguardano solo questi decenni, ma anche i secoli precedenti, infatti si stima che tra il 1876 e il 1976 l’emigrazione abbia riguardato 24 milioni di persone.

Facciamo parlare i numeri

Central Europe's biggest headache? Emigration, not immigration - Kafkadesk

Il grafico sovraesposto ci indica che nel 2018-2019 il 60% circa degli italiani ha pensato di lasciare la nazione per un lungo periodo di tempo.
I dati Istat dicono che nel 2018 sono partiti 117mila italiani di cui 30mila laureati. Già, lo scorso anno il ministro Tria ha evidenziato come la fuga dei cervelli costi ogni anno al sistema Italia 14 miliardi di euro, ovvero un punto di PIL 1 . Purtroppo, però la questione non riguarda solo il sud
Italia, ma anche Lombardia ed Emilia-Romagna, soprattutto chi va via non ritorna e finisce per contribuire alla crescita di altre nazioni, e non di uno stato che ogni anno impiega oltre 4 miliardi e mezzo per formare i suoi laureati. Altro problema rilevante tutto italiano rispetto gli stati del nord Europa è il processo di digitalizzazione che risulta ostico, ciò ha una rilevanza determinante ai fini occupazionali dato che le competenze digitali sono ormai di vitale importanza per il mondo lavorativo, molti atenei infatti
non offrono un pacchetto formativo adeguato ai nuovi processi di digitalizzazione. Ciò è dovuto anche agli esigui investimenti nell’istruzione effettuati dai governi nell’ultimo ventennio. In relazione alla competitività del nostro sistema digitale siamo al 25esimo 2 posto in Europa. Ciò è
stato analizzato dallo studio “Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e competitività del sistema Italia”, realizzato da Uil ed Eures che rivela il disequilibrio tra il processo di digitalizzazione italiana e quello degli altri stati europei. Anche il plafond finanziario per l’ICT nella
Pubblica Amministrazione mostra un quadro poco rassicurante: nel periodo 2013-2017, a fronte di una spesa media annua di 5,5 miliardi di euro, i settori più penalizzati sono stati l’Istruzione (con solo 354 milioni di euro) e la Sanità (1,2 miliardi di euro) 3 . La metà della spesa complessiva è stata prodotta dalle Amministrazioni Centrali (in media 2,6 miliardi di euro annui in termini assoluti), in particolare dagli enti di previdenza.

Quali sono e saranno le lauree più richieste in Italia?

Secondo i dati elaborati dal MIUR, nel quinquennio 2019-2023 le lauree più richieste in Italia saranno:

 Medico-sanitario (da 171.400 a 175.800 unità)
 Economico (da 151.800 a 162.200 unità)
 Ingegneria (da 126.800 a 136.400 unità)
 Giuridico (da 98.000 a 102.900 unità)
 Insegnamento e formazione (da 91.900 a 96.800 unità)
 Politico-sociale (da 59.600 a 62.900 unità)
 Letterario (da 56.100 a 60.000 unità)
 Architettura (da 56.000 a 59.400 unità)
 Linguistico (da 34.000 a  36.800 unità)
 Scientifico, matematico e fisico (da 28.900 a 30.600 unità)
 Psicologico (da 25.600 a 27.000 unità)
 Chimico-farmaceutico (da 24.900 a 26.600 unità)
 Geo-biologico e biotecnologico (da 15.200 a 16.500  unità)
 Agroalimentare (da 12.300 a 13.100 unità)
 Statistico (da 6.500 a 6.800 unità)

Si evince dal prospetto che le lauree più “fruttuose” ad oggi siano quelle in campo sanitario, ingegneristico, economico-giuridico, e formativo a causa dei nuovi bisogni di ecosostenibilità ed informatizzazione del sistema produttivo ed all’attenzione alla formazione, alla salute ed al benessere. Confidiamo nell’impegno statale alla riduzione del fenomeno di cui sopra, con particolare attenzione agli investimenti diretti all’istruzione e alla semplificazione del processo di digitalizzazione del lavoro, consentendo una riduzione conseguente della disoccupazione giovanile e non.


1 https://www.ilmessaggero.it/economia/news/fuga_cervelli_perdita_italia-4623019.html#:~:text=ROMA%20La%20fuga%20dei%20cervelli,quasi%20un%20punto%20di%20Pil.&text=L’Italia%20%2D%20anche%20se%20con,%2D%20sta%20riscoprendo%20l’emigrazione.

2 https://www.repubblica.it/tecnologia/2020/08/06/news/e-government_italia_e_agli_ultimi_posti_in_europa-
263922750/
3 https://www.repubblica.it/tecnologia/2020/08/06/news/e-government_italia_e_agli_ultimi_posti_in_europa-
263922750/
4 https://forbes.it/2019/11/29/lauree-piu-richieste-dal-mercato-del-lavoro-nei-prossimi-cinque-anni/

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