Economia e strategia: Il Manifesto franco-tedesco

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Articolo scritto da Simone Bacco, studente magistrale di Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Milano

 

Il 22 gennaio 2019, le due principali potenze economiche dell’Unione Europea sono giunte alla firma di un Manifesto comune per una politica industriale coordinata. 

Si possono dare numerose interpretazioni di questa intesa, cercando di immaginare le conseguenze che potrebbe avere sullo scenario continentale. Tattiche e strumenti, infatti, per quanto possano apparire generici, sono invece mirati a fini strategici precisi. 

Il ritorno della relazione bilaterale che ha plasmato l’Europa: scenario e significati 

Con la fuoriuscita di Londra dall’Unione, il triumvirato del potere reale in seno al Vecchio Continente è divenuto un binomio. 

Da una parte, a condizionare le dinamiche decisionali europee vi è Parigi, capitale per antonomasia, da sempre in grado di irradiare la propria influenza sullo scacchiere politico. D’altra parte, si situa Berlino, il centro di coordinamento di una potenza economica invidiabile. 

La storia di queste due potenze, con i loro avvicinamenti e le loro frizioni, è anche la storia dell’Unione Europea. Sin dagli albori, dal primo progetto di cooperazione, il rapporto tra Francia e Germania è stato il motore del progresso europeo, la conditio sine qua non della dinamicità del percorso di unificazione. 

La relazione bilaterale è stata l’embrione del sogno dei padri fondatori anche quando, per usare l’espressione di un professore e storico dell’integrazione europea – Piero S. Graglia – accanto alla grande fame la grande paura segnava le vicende europee.

Per avere un’idea dell’importanza economica, quella politica non è numericamente misurabile, che i due Stati hanno in relazione all’Unione Europea, basti pensare che – secondo dati Eurostat – essi nel 2016 valevano più del 35% del Pil continentale. 

Il Manifesto franco-tedesco per una politica industriale europea nel ventunesimo secolo, firmato il 22 gennaio 2019 ad Aquisgrana, rappresenta un continuum delle numerose iniziative intraprese dalle due nazioni nel corso degli anni. Esso, tra gli altri, appare come l’erede legittimo del Trattato dell’Eliseo, ratificato da Charles de Gaulle e Konrad Adenauer nel 1963.  

Sebbene riguardi, anzitutto, un settore prettamente economico, sono presenti numerosi, e spesso evidenti, messaggi geopolitici di cui sembrano, talvolta, intravedersi i destinatari. 

Per tali ragioni, è bene analizzare il Manifesto più nello specifico e darne un’interpretazione eterogenea. 

Tra economia e geopolitica: una lettura guidata del Manifesto 

Fin dalla parte introduttiva, i redattori del Manifesto hanno inteso definire le motivazioni che hanno indotto Francia e Germania a stipulare un documento congiunto volto all’individuazione dei settori industriali in cui apportare modifiche. Già nelle prime righe, infatti, viene sottolineata l’esigenza, dettata dalla globalizzazione, di più stretti ed incisivi sforzi comuni. Un ulteriore fattore di attenzione è, poi, rappresentato dalla digitalizzazione e dall’applicazione della tecnologia alle imprese.

Parigi e Berlino dichiarano come, a parer loro, la forza economica dell’Europa nei prossimi decessi sarà correlata alla sua capacità di rimanere una potenza industriale e manifatturiera mondiale. Aggiungono, inoltre, che per restare tale nel 2030, vi è bisogno di una visione politica con un orizzonte europeo e continentale. Tale scelta, viene chiaramente scritto, comporterà la capacità dell’Unione di restare sovrana ed indipendente

Con lucida gravità i due Paesi hanno sostenuto che la strategia industriale europea è un obiettivo strategico.

Il vero e proprio corpus del Manifesto è dedicato a ciò che Francia e Germania considerano i tre pilastri fondamentali per la buona riuscita dei loro intenti, a loro volta suddivisi in alcuni obiettivi cruciali. 

Il primo pilastro prevede massicci investimenti in innovazione, da attuare mediante i determinati espedienti.

  • Creare un fondo per la tecnologia in grado di fungere da leva per i capitali privati, tale da fornire gli apporti necessari alle start-up e alle tech companies e da supportare i progetti europei ad alto rischio.
  • Diventare leader globali nell’intelligenza artificiale, con una maggiore cooperazione tra i due Stati. In questa previsione è limpida la volontà di ridurre il divario con la Cina. 
  • Fare in modo che i mercati finanziari europei possano incoraggiare l’innovazione industriale. Di particolare interesse è l’inciso inerente alla necessaria capacità dell’Unione di finanziarsi autonomamente, soprattutto su larga scala. 

Il secondo pilastro concerne, invece, il bisogno di adattare la struttura delle regolamentazioni in vigore, affinché le imprese europee possano competere a livello globale. 

Facendo notare come soltanto 5 delle 40 maggiori multinazionali siano “made in EU”, il Manifesto ricorda che, pur essendo essenziali al mercato unico, le norme in materia di competizione devono essere riviste. Richiedono, in particolare, un approccio più realistico e una maggiore considerazione delle vertenze industriali. I due Stati sostengono che, poiché non vi è un terreno normativo condiviso a livello mondiale, accade che le aziende europee si trovino in posizioni di svantaggio nei confronti dei competitor operanti in Paesi che sussidiano il proprio panorama industriale.

Dunque, se da una parte Francia e Germania riconoscono l’importanza delle regolamentazioni europee in tema di concorrenza all’interno dei confini dell’Unione, dall’altra ne propongono una riforma volta ad instaurare un clima internazionale più profittevole ed equo per la dimensione esterna delle companies europee.  

Nella medesima ottica, vengono proposte altre idee, quali un impegno temporaneo degli attori pubblici, per garantire uno sviluppo economico di lungo periodo. 

Il terzo ed ultimo pilastro è focalizzato sull’opportunità di instaurare misure di autodifesa. 

In concreto, la collaborazione franco-tedesca si concentra sulla protezione delle tecnologie definite strategiche e sugli asset più critici. 

Infine, i due Stati rivolgono il proprio impegno alla politica commerciale dell’Unione e, più in generale, al proprio approccio di politica estera. Vi si ritrova, infatti, una forte dichiarazione a supporto del libero scambio e del multilateralismo. All’osservato più attento, non sfugge, in merito, la non troppo celata opposizione e condanna all’isolazionismo e alle dottrine nazionaliste ventilate da taluni Paesi. 

Ciononostante, Parigi e Berlino non si risparmiano di commentare il sistema del commercio globale attuale. Scrivono, a tal proposito, che intendono monitorare costantemente ed adattare alle necessità la politica commerciale per difendere la propria autonomia strategica. Ciò include un’essenziale ed urgente modernizzazione delle regole del WTO per migliorare la trasparenza e l’efficienza nella lotta contro le pratiche distorsive del commercio, inclusi gli eccessivi sussidi all’industria. In questa previsione finale, l’impegno di Francia e Germania appare evidentemente indirizzato nei confronti di quei Paesi che non rispettano le norme previste dal WTO, flettendo l’interscambio internazionale a proprio favore. 

Considerazioni 

Secondo quanto esposto nei paragrafi precedenti, il Manifesto franco-tedesco, sebbene intitolato e volto principalmente a delineare le basi per una politica industriale armonizzata, ha finalità molto più varie. Numerosi passaggi, infatti, sembrano dotarsi di una carica strategica molto marcata. 

Le questioni geopolitiche paiono accompagnarsi a quelle più specificamente economiche dando una dimostrazione del fatto che, in un sistema internazionale interdipendente, non si può fare a meno di ponderare entrambi i fattori. 

Francia e Germania hanno provato, come è tipico per il ruolo da essi ricoperto all’interno dell’Unione Europea, ad individuare le priorità su cui, la loro cooperazione bilaterale in primo luogo, e gli impegni di tutti gli altri Stati membri in secondo luogo, debbono concentrarsi. 

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