Competizione Fiscale: 2 distorsioni non fanno 1 libero mercato

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Ispirandomi alle parole con cui comincia Anna Karenina sono arrivato alla conclusione che in tutti i mercati non distorti si compete allo stesso modo mentre in tutti i mercati distorti si compete a modo loro.

Micro 101: “le imposte hanno effetto distorsivo sul mercato”

Partendo da questa definizione vediamo cosa succede nella realtà di tutti i giorni:
Nel caso di due beni sostituti e di applicazione di una stessa imposta percentuale si avrà un nuovo punto di equilibrio nel mercato ma con i beni che vengono scelti in base alla funzione di utilità del consumatore, in quantità minore ma nello stesso rapporto (la proprietà si chiama omogeneità di grado 0). Possiamo semplificare dicendo che le preferenze rimangono neutrali.

Sfortunatamente lo stesso non succede se alle mele applichiamo un’imposta t ed alle pere un’imposta r. Nel caso di r>t si consumeranno più mele rispetto a pere di quanto non sarebbe successo con r=t.

Competizione Fiscale nell’UE

Usiamo questa lente un po’ semplice per andare ad analizzare ciò che succede nel mercato unico dell’Unione Europea. Produttori che partecipano allo stesso mercato e nel quale dovrebbero competere all’ultimo sangue si ritrovano, per scelte politiche dei governi nazionali, ad essere soggetti a tassazioni diverse, quelle stesse tassazioni che appena prima abbiamo trovato cambiare i comportamenti dei consumatori quando non siano la stessa “across the board”, quelle stesse imposte che poco fa abbiamo visto atte a spostare (leggi: dirigere) i consumatori verso il bene con imposte più basse comportando quindi una distorsione del mercato.

Non v’è dubbio sul fatto che le aziende estremamente più competitive riusciranno a stare sul mercato anche se esposte a tassazioni più elevate ma come economisti ci è chiesto l’extra step, nominalmente quello di andare a vedere le situazioni al margine ed in tali situazioni si vede l’azienda meno tassata avere la meglio sull’azienda marginalmente più competitiva e questa in gergo tecnico si chiama market distortion.

Notate anche voi il paradosso? Fare del male cercando di fare del bene. Quello della competizione tributaria – di cui nessuno nega l’esistenza degli effetti positivi – è un campo minato del dibattito economico per il quale non abbiamo neanche lontanamente gli strumenti per avere diritto di emettere parola in merito. Ciò che possiamo commentare, dato che necessita solo di strumenti basilari, è se un determinato mercato sia o non sia distorto, se ci sia o meno competizione o gli incentivi perché gli agenti competano e se ne vengano sempre fuori con qualcosa di più efficiente, fatto meglio ed innovativo.

Svariate volte – ritrovandomi in minoranza con persone con le quali non avrei mai pensato di trovarmi mai in disaccordo – ho cercato di convincermi che se lasciamo gli stati competere per attrarre capitali allora questi renderanno la propria spesa più efficiente, diminuiranno la burocrazia, diventeranno business friendly e via dicendo. Dato che siete arrivati fino a questo punto sapete già che non sono mai riuscito a convincermi ed il motivo è semplice: non ho mai detto che ci debba essere la restrizione della libertà di movimento dei capitali e delle persone. Se davvero gli agenti si spostano dove c’è meno burocrazia, dove la spesa è più efficiente e via dicendo allora l’atto di eliminare la leva della tassazione è una cosa che avvicina gli stati nazionali a competere su questi fattori o almeno non li lontana, in nessun modo.

La domanda che pongo è la seguente: “Vale la pena lasciare ai governanti di turno il diritto di distorcere il mercato in base alle loro esigenze nella speranza che abbassino le imposte oppure vogliamo un mercato veramente unico, che ha regole uniche e nel quale gli agenti sono soggetti alla stessa tassazione?

Quando si parla di distorsioni 2 torti non facciano 1 ragione.

Articolo di L. K., Studente magistrale in Economics

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